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martedì 1 novembre 2011

“La coppia da 20.000 euro al mese del Pd: lui consigliere regionale, lei in Comune”

La “bella botta di aria fresca” promessa dal neo sindaco di Rimini, Andrea Gnassi, si infrange sulla barriera del consociativismo alla uscita pubblica numero uno di fronte alla città. In un Consiglio comunale ieri sera stipato per la prima dell’ex “golden boy” rivierasco, inventore della Notte Rosa prima di diventare sindaco, è andato in scena un siparietto che di fresco ha ben poco. La sostanza è breve: il nuovo presidente del consiglio comunale è Donatella Turci che, altri non è, che la moglie dell’unico consigliere regionale del Pd a Rimini, Roberto Piva.

Turci, classe 1953, dopo aver collezionato due mandati nella giunta del predecessore di Gnassi, Alberto Ravaioli, ha fatto parlare di sé in questi ultimi mesi per gli scarsi successi collezionati dall’amministrazione comunale nell’ambito di una delega molto chiacchierata in città, lo Sport. Dalla crisi finanziaria dei Crabs, la società del basket riminese, all’addio del Rimini Calcio al professionismo passando per l’incompiuta cronica del nuovo stadio, ma anche per la rinuncia alla serie B1 da parte del Viserba Volley, il settore negli ultimi anni ha vissuto un autentico calvario. Calvario che Turci- o perché oscurata da Ravaioli o per difficoltà proprie- nonostante le buone intenzioni non è riuscita ad alleviare. Comunque sia, con buona pace di Gnassi quello di Turci è tutt’altro che un nome nuovo.
Di più: la neo presidente del Consiglio comunale di Rimini è moglie dell’unico consigliere regionale del Pd riminese, il veterano Roberto Piva. “In questo momento in Italia l’aria non è favorevole all’accentramento di 12.000 euro di stipendi pubblici in un solo nucleo familiare”, fa presente Luigi Camporesi, candidato sindaco del Movimento 5 Stelle alle comunali che, forte del 12% ottenuto, siede per la prima volta in Consiglio con i colleghi Daniele Arduini e Carla Franchini.

La carica di presidente del consiglio comunale, infatti, prevede una bella remunerazione, equiparata a quella di un assessore: siamo sui 2.300-2.500 euro netti al mese (sui 3.500-3.800 lordi).

Dunque, prescrizioni statutarie a parte, la scelta su Turci alla luce del ruolo di Piva (che in Regione è stato riconfermato proprio l’anno scorso su input di partito) risulta piuttosto in controtendenza rispetto allo spirito sbandierato dal Pd oggigiorno sul fronte incarichi e merito. Anche se la ‘accoppiata’ Turci-Piva non è formalmente vietata, insomma, la questione di opportunità c’è tutta, almeno secondo quanto dicono i consiglieri del Movimento 5 Stelle.

Lo hanno pensato, del resto, una buona fetta degli stessi consiglieri comunali del Pd di Rimini, che negli ultimi giorni mettendosi di traverso alla nomina di Turci hanno dato parecchio filo da torcere ai notabili del partito. Nel corso di una consultazione interna al gruppo Democratico tenutasi venerdì sera, infatti, sette consiglieri del Pd hanno votato per Vincenzo Gallo, già consigliere nella precedente legislatura; i restanti nove, su 16 aventi diritto complessivamente, hanno scelto Turci.
A tessere la tela diplomatica giusta nelle ultime ore è stato Marco Agosta, il capogruppo – ovviamente riconfermato dopo la scorsa legislatura – del partitone in riviera. Agosta ha strappato la maggioranza relativa pro-Turci lanciando l’ex assessore come “una figura di garanzia”, che va rilanciata perché “ha l’esperienza giusta”.

Non la pensa così, tra gli altri, Bertino Astolfi - un ex Pd che per farsi rieleggere quest’anno ha dovuto traslocare nella lista civica pro-Gnassi Rimini per Rimini - il quale assicura di non aver apprezzato per nulla “il metodo” adottato; al momento buono, però, come al solito non ha fatto mancare il proprio sostegno.

Per eleggere la neo presidente del Consiglio, comunque, serviva la maggioranza qualificata, ovvero i due terzi dell’assemblea: 22 preferenze su 32, con voto segreto. Turci ne ha raccolte 24 (cinque bianche, due nulle, un voto a testa per lo stesso Gallo e per Fabio Pazzaglia, l’ex Pd candidato sindaco di Sinistra Ecologia e Libertà al primo turno).
Dunque, il Pdl ha votato senza troppi problemi per Turci, sancendo l’inciucio che, di pari passo alla questione di “opportunità” per la signora Piva, sta facendo discutere non poco a palazzo. La contropartita ai berlusconiani affinché dicessero sì ai dirigenti del Pd su Turci è stata la contemporanea elezione a vice presidente del Consiglio comunale di Oronzo Zilli, vecchio leone ex An tuttora coordinatore comunale di un Pdl uscito malconcio dalle elezioni.

Zilli, finora anche consigliere provinciale, ha scelto però di non aggrapparsi alle poltrone: infatti, ha già presentato le dimissioni in Provincia (gli subentra il collega verucchiese Jean Louis De Carli). Chi ha tuonato contro l’inciucio è invece il candidato Pdl-Lega Nord alle recenti comunali, l’ex consigliere regionale An Gioenzo Renzi. Escluso da tutte le cariche consiliari in questa fase, in primis quella di capogruppo che è andata alla ciellina Giuliana Moretti, Renzi ha sottolineato che “non era scontato che la presidenza dovesse andare alla maggioranza: Gnassi dice basta con la vecchia politica, ma qui invece la si ripropone in tutto e per tutto, con la complicità della minoranza. Questo teatrino deve finire perché non è più accettabile”.
Critiche anche da Pazzaglia, fra l’altro in odore di scomunica da parte di Sel: “Questa doppia nomina Turci-Zilli cementa l’asse tra Pd e Pdl. Per voltare davvero pagina anche la nomina del presidente andava innovata”. Il consigliere leghista Marco Casadei rincara la dose, bollando tutto come “il peggior modo di iniziare la legislatura”. Il grillino Camporesi da parte sua non si scosta dai moniti già lanciati: “Se voleva davvero una botta d’aria fresca, Gnassi avrebbe potuto assegnare la presidenza a qualcuno della minoranza”.
Il sindaco in aula ha rispedito tutto al mittente: quella di Turci è “una nomina decisa autonomamente dai partiti: io ho ascoltato la maggioranza, ho già detto che non mi piace l’idea di un uomo solo al comando. Il sindaco rispetta l’autonomia dei vari gruppi consiliari. Ci confronteremo sul merito, bisogna comprendere i ruoli ricordando che ai cittadini bisognava offrire il meglio possibile. E così- ha scandito Gnassi- è stato fatto”.
Intanto, gli otto neo assessori nominati da Gnassi (età media sui 40 anni) ieri sera al primo appuntamento ufficiale in pubblico si sono mostrati a dir poco emozionati, tra il pressing dei fotografi e gli sguardi dei curiosi accorsi in municipio. Il sindaco ha voluto in squadra Jamil Sadegholvaad, strappato alla Provincia, a Polizia municipale e Sicurezza, deleghe assunte nella precedente legislatura dallo sceriffo Roberto Biagini, l’unico riconfermato dell’era Ravaioli. Ci sono pure l’ex nazionale di pallamano Gian Luca Brasini e l’artista Massimo Pulini. Venendo alle quote rosa, la vice sindaco Gloria Lisi, personalità vicina da sempre alla Caritas, prende per mano Nadia Rossi, Irina Imola e Sara Visintin. Quest’ultima, a sua volta, è finita nei giorni scorsi nel mirino del Movimento 5 Stelle per la sua recente esperienza in testa al comitato acqua pubblica locale, nelle stesse ore in cui Gnassi l’aveva già battezzata assessore.

fonte:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/21/la-coppia-da-20-000-euro-al-mese-del-pd-lui-consigliere-regionale-lei-in-comune/121412/

Poveri con 1000 euro al mese

MONZUNO (Bologna) - Gianna P. ha trentasette anni, un bel bambino e un grande sorriso. "La povertà? Io l'avevo assaggiata da piccola, quando mio papà è morto in un incidente. Solo assaggiata, però. Se chiedevo un paio di scarpe, queste arrivavano, magari dopo quattro mesi. Sono andata a scuola, mi sono diplomata, ho avuto la macchina come tutte le mie amiche. Adesso sì, sono povera. E ho capito che ad essere povera la cosa che manca di più è la libertà. Se avessi ancora il mio lavoro e il mio stipendio, anche se mi sono separata dal marito, potrei affittare un appartamento per me e per mio figlio che ha sette anni. E invece sono tornata a vivere da mia madre, non potevo fare altro. Sei sempre una bimba, per i tuoi genitori, e così ti trattano. Io l'ho provata, l'indipendenza economica, l'avevo conquistata".

"Da più di un anno l'ho persa e assieme a lei se n'è andata la libertà di vivere in un posto tutto mio. Le vacanze al mare, le gite nel week-end? Ormai sono un ricordo ma questo non mi pesa. Mi manca la chiave della mia porta, della mia cucina... ".

La parola "povertà" ha un sapore amaro, soprattutto in questa terra emiliana che sembrava tutta ricca. Ricorda i libretti dell'Eca (Ente comunale di assistenza), chiamati semplicemente "i libretti dei poveri", tenuti nascosti nei comò ed esibiti solo per avere le medicine gratis o un sussidio per mandare i figli in colonia.

Gianna P. perdendo il lavoro, si trova dentro l'11% delle famiglie italiane che hanno una capacità di spesa inferiore a 992,46 euro al mese. "Adesso mi sveglio al mattino e mi dico: Gianna, fatti coraggio. Fai finta di essere ancora una ragazzina, alla ricerca del primo lavoro. Se sei stata capace di andare avanti, devi essere capace di tornare indietro e di ricominciare. Ho cominciato a lavorare nel 1995, avevo 21 anni. Primo stipendio, 800 mila lire. Prima receptionist, poi impiegata di buon livello. Due anni dopo mi sono sposata e le cose andavano davvero bene. Prima che l'azienda andasse in crisi, io e mio marito portavamo a casa 3100 euro al mese, 1500 io, 1600 lui. E c'erano la tredicesima e la quattordicesima, e anche i buoni pasto da 6,45 euro, che quando li hai quasi non ci badi ma quando spariscono ti accorgi quanto siano utili. Ci sentivamo non ricchi ma tranquilli. Un appartamento in affitto, a 600 euro al mese. Quattrocento euro per l'asilo nido del piccolo. Ecco, in questi giorni di caldo ci preparavamo per andare al mare, dieci o quindici giorni in un appartamento o in un hotel. E d'inverno ci prendevamo un'altra pausa, quattro o cinque giorni in Trentino, senza sciare ma con lunghe passeggiate sulla neve. Al ristorante o in pizzeria? Quasi mai. Preferivamo risparmiare per le nostre piccole vacanze o per portare il bimbo a Gardaland".

Arriva la separazione dal marito ma le cose non cambiano troppo. "Con il mio stipendio e l'assegno dell'ex coniuge per il bimbo - 350 euro al mese - ce l'avrei fatta a vivere in autonomia. Ma all'inizio del 2010 arriva la crisi dell'azienda, con gli stipendi che tardano prima un mese poi due poi sei mesi e ti trovi all'acqua. L'affitto non lo puoi più pagare, torni dalla mamma e meno male che ha un appartamento suo. In azienda arriva il nuovo proprietario, tornano gli stipendi ma solo per qualche mese. Adesso non so di quale statistica Istat io faccia parte. So soltanto che da marzo ad oggi, e forse fino a novembre, non prendo un euro. In teoria c'è la cassa integrazione speciale, perché anche i nuovi padroni hanno dichiarato fallimento, ma gli assegni da 700-800 euro ancora non si vedono. L'unico reddito è l'assegno del mio ex. Io però sono una che non accetta di farsi mantenere. A mia madre non pago l'affitto ma partecipo a tutte le spese, dal vitto alle bollette, dalla benzina all'assicurazione della macchina. Se ne vanno in media 450 euro al mese, che prendo in gran parte dai miei risparmi".

Non è purtroppo una mosca bianca, Gianna P. "Seguo i lavoratori delle aziende metalmeccaniche nei Comuni di Casalecchio e Sasso Marconi - dice Cristina Pattarozzi della Fiom Cgil - e purtroppo l'80% vivono ormai di ammortizzatori sociali. Chiusure, fallimenti, cassa integrazione, mobilità... A volte noi sindacalisti dobbiamo fare un altro mestiere, quello dell'assistente sociale. Ci sono famiglie dove tutti sono in cassa integrazione e se gli assegni sono, come sempre, in ritardo, non hanno i soldi per comprare da mangiare o per pagare bollette e mutui. E allora vai in Comune, spieghi la situazione, intervieni per bloccare uno sfratto. Le donne e gli stranieri sono i più colpiti ma forse anche i più forti. Sanno reagire, cercano nuove strade. Per molti uomini, anche giovani, la crisi dell'azienda è invece vissuta male. Si sentono persi, vanno in depressione. Stanno male perché non hanno i soldi per andare al solito supermercato e vanno al discount quasi di nascosto perché si vergognano".

Non è facile essere poveri e accendere la tv per sentire uno che dice che "il lusso è un diritto". I bar sono pieni, si paga un caffè e si sta lì mezza giornata. "Io sono senza stipendio da quattro mesi e allora, all'inizio di giugno, ho preso i miei due figli e sono andato a pranzo dai miei genitori. Non ho dovuto spiegare nulla. Hanno apparecchiato e solo alla fine mia madre ha detto: va bene alle 13 anche domani?". "Io ho tirato giù dal solaio la tenda, non andavo in campeggio da vent'anni. Insomma, con la crisi si torna giovanotti". "Ad agosto porto i miei tre bambini al mare, ma solo perché mia suocera ha pagato l'affitto dell'appartamento. E' stata gentile, non mi ha fatto pesare nulla. Ha detto: ho preso un appartamento con tre stanze, un'occasione. Venite con me?". "Ho controllato i punti della Coop e ho scoperto che ho speso meno di un terzo, rispetto all'anno scorso. Vado al discount per spendere meno. Al mattino presto, oppure mi sposto nei Paesi vicini, dove non mi conoscono".

Gianna P. deve andare via, per prendere il bambino al centro estivo. "Si paga anche lì, è un sacrificio ma non voglio che il mio piccolo abbia meno degli altri. E' stato anche al mare, con suo papà che per fortuna ha ancora lo stipendio. Se il bimbo sta bene, sto bene anch'io. Quest'anno per me niente vacanze, ma non importa. Io sono una cui non piace "stare in schiena" e nessuno. Vuol dire che non mi piace farmi mantenere, né dalla mamma né dallo Stato. E così proprio l'altro giorno sono andata all'Inps per interrompere la cassa integrazione. Ho trovato da lavorare in un'azienda, da una settimana. Sono in prova, spero che mi assuma davvero. Certo, cercare lavoro oggi è come subire una rapina a mano armata. Prendevi 1500 euro? Te ne do 1025, prendere o lasciare. Se tengo conto dell'assegno di 700-800 euro al mese che dovrà pur arrivare e delle spese per andare in macchina nella nuova azienda, faccio pari e patta. Prenderei gli stessi soldi restando a casa, ad aspettare cassa integrazione o mobilità. Ma ho un figlio e devo dargli un futuro. E poi sono fatta così. Se devo ricominciare, ricomincio davvero. Non sono più una ragazzina ma non voglio uscire dal mondo del lavoro. Se sei fuori, anche con un assegno dell'Inps, è un macello. A non lavorare si sta male, perché ti senti vuota e inutile. Niente ferie, niente piscina, niente vestitino nuovo e va bene così. Ma io, quella voglia che avevo dentro quando ho cominciato a lavorare, la sento ancora. E' una voglia di stipendio, di casa, di libertà. Chiedo troppo?".

http://www.repubblica.it/economia/2011/07/19/news/poveri_mille_euro-19304866/